L’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO

PRESUNZIONE DI COMPROPRIETÀ

L’impianto di riscaldamento, costruito contestualmente all’edificio, al cui servizio è destinato, è finalizzato all’uso comune e, pertanto, si presume che, in base all’art. 1117 c.c., ne faccia parte a meno che il regolamento non stabilisca particolari deroghe. La norma citata contiene, quindi, una presunzione di comunione delle parti che servono all’uso e al godimento di tutti i condomini. Si tratta di una presunzione semplice, juris tantum (art. 2729 c.c.), in quanto superabile se il contrario risulta dal titolo.

Se invece, contrariamente, la caldaia è stata costruita successivamente alla costruzione dell’edificio, l’impianto è da considerarsi di proprietà esclusiva dei condomini che l’hanno installato.

Deve comunque rilevarsi che, solo alcune parti dell’impianto di riscaldamento devono ritenersi comuni, poiché le diramazioni individuali, così come gli elementi presenti nelle singole unità abitative, sono di proprietà esclusiva.

LA MANUTENZIONE

Il concetto di manutenzione, ai sensi del D.P.R. 26/08/1993 n. 412, si suddivide in tre categorie distinte;

1) manutenzione ordinaria: operazioni specificatamente previste nei libretti d’uso e manutenzione degli apparecchi e componenti che possono essere effettuate in luogo con strumenti ed attrezzature di corredo agli apparecchi e componenti stessi e che comportino l’impiego di attrezzature e di materiali di consumo d’uso corrente;

2) manutenzione straordinaria: interventi atti a ricondurre il funzionamento dell’impianto termico a quello previsto dal progetto e/o dalla normativa vigente mediante il ricorso, in tutto o in parte a mezzi, attrezzature, strumentazioni, riparazioni, ricambi di parti, ripristini, revisione o sostituzione di apparecchi o componenti dell’impianto termico;

3) ristrutturazione: interventi rivolti a trasformare l’impianto termico mediante un insieme sistematico di opere che comportino la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione del calore; la trasformazione di un impianto tecnico centralizzato in impianti individuali nonché la risistemazione impiantistica nelle singole unità immobiliari o parti di edificio in caso di installazione di un impianto termico individuale, previo distacco dall’impianto termico centralizzato.

Tre sono i soggetti cui è devoluta per legge la responsabilità dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto termico condominiale:

1) il proprietario e, nel caso di edifici dotati di impianti termici centralizzati amministrati in condominio, nonché in caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, l’amministratore;

2) un terzo responsabile dell’impianto (obbligatorio nel caso di impianti termici superiori a 350 kw);

3) il conduttore.

Gli impianti termici centralizzati devono essere muniti di un libretto (di centrale se di potenza nominale fino a 35 kw e di impianto se con potenza superiore), contenente il nominativo del responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto.

Il libretto deve essere conservato presso l’unità immobiliare e la compilazione (sia iniziale che gli aggiornamenti), possono essere effettuati anche su supporto informatico, purché in formato stampabile.

In caso di nomina di nuovo responsabile, il precedente è tenuto a consegnare l’originale del libretto al subentrante.

L’amministratore, qualora sia responsabile, al termine delle operazioni di controllo e manutenzione dell’impianto, deve farsi rilasciare un rapporto dall’operatore e deve sottoscriverne una copia per ricevuta.

Il D.P.R. 26/08/1993 n. 412, inoltre, prevede una serie di ulteriori obblighi per il responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto di riscaldamento, come:

  • il rispetto del periodo annuale di esercizio;
  • l’osservanza dell’orario prescelto nei limiti della durata giornaliera di attivazione consentita;
  • il mantenimento della temperatura ambiente nei limiti consentiti;
  • sottoporre a verifica almeno una volta l’anno gli elementi riportati sul libretto (per i generatori con meno di 35 kw di potenza è sufficiente un controllo biennale, mentre con potenza superiore ai 350 kw occorre una seconda determinazione del solo rendimento di combustione alla metà del periodo di riscaldamento.

Le incombenze di cui sopra sono sottoposti a controlli da parte della P.A. la quale dovrebbe effettuare le dovute verifiche con cadenza almeno biennale.

DISTACCO DEL SINGOLO CONDOMINO

Eccetto casi particolari, si deve presumere che, l’impianto centrale di riscaldamento sia condominiale. Da ciò sembrerebbe derivare che tutte le spese dei consumi, del mantenimento e delle riparazioni sia da ripartirsi tra tutti i condomini.

La problematica nascente dalla volontà, anche di un solo condomino, di distaccarsi dall’impianto centralizzato, è stata motivo di notevoli liti giudiziarie e la giurisprudenza si è spesso pronunciata sulle varie questioni, anche con orientamenti a volte discordanti tra di loro.

Nel passato, la Suprema Corte non ammetteva la rinuncia ed il distacco, considerando che l’impianto centrale era normalmente progettato, dimensionato e costruito in funzione dei complessivi volumi dell’edificio, cui doveva assicurare un equilibrio termico di base. Conseguentemente, riteneva che il distacco dall’impianto centrale delle diramazioni relative ad uno e più appartamenti doveva ritenersi vietato, in quanto incideva negativamente sulla obiettiva destinazione dell’impianto, determinando uno squilibrio termico, che poteva essere eliminato solo con un aggravio delle spese di esercizio e di conservazione per i condomini, i quali continuavano a servirsi dell’impianto medesimo.

Più recentemente, la giurisprudenza si è pronunciata sul punto chiarendo che “il condomino può distaccarsi senza necessità di autorizzazione o approvazione degli altri condomini e, fermo il suo obbligo al pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione dell’impianto se, e nei limiti in cui, il suo distacco non si risolva in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini. Inoltre, la delibera assembleare che respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune”. (Cass. Civ. Sez. II n. 7518/06).

La modifica dell’orientamento è scaturita da una più attenta considerazione della funzione dell’impianto di riscaldamento centrale, in relazione al precetto fissato dall’art. 1118, 2° co., c.c., che contempla le spese per la conservazione delle cose comuni, ma non fa menzione di quelle per l’uso. A norma dell’art. 1118, 2° co., infatti, il condomino non può, rinunciando al diritto sulle parti comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione. Secondo l’interpretazione dominante, la norma esclude la validità dalla rinunzia perché le parti comuni – necessarie per l’esistenza o per l’uso delle unità immobiliari in proprietà solitaria, ovvero destinate al loro uso o servizio – anche dopo la rinunzia continuerebbero ad essere necessarie o comunque a servire l’immobile.

ENERGIE ALTERNATIVE E RISPARMIO ENERGETICO

A seguito della L. 9 gennaio 1991 n. 10 e del successivo D.Lgs. 311/06, si è stabilito che, in deroga agli articoli 1120 e 1136 c.c., per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi e all’utilizzazione delle fonti di energia alternative e di risparmio (ex art. 1 della medesima legge), le decisioni possono essere adottate a maggioranza delle quote millesimali.

Lo stesso tipo di maggioranza è prevista in relazione alle innovazioni concernenti l’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato.

Il D.Lgs n. 311/06 che ha modificato il codice dell’energia e “ritoccato” la L.10/91, si fa riferimento agli interventi individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica. La certificazione energetica si riceve ad intervento concluso, mentre la diagnosi energetica si riceve prima di intraprendere l’intervento.

Pertanto, alla luce della nuova normativa, gli interventi con le maggioranze ridotte possono essere individuati prima di eseguirli, oppure accertati in seguito, dopo averli eseguiti e, in tal senso, dovrà essere prodotta idonea documentazione.

SOPPRESSIONE DELL’IMPIANTO CENTRALIZZATO E REALIZZAZIONE IMPIANTI AUTONOMI

In tema di soppressione dell’impianto centralizzato e di passaggio all’impianto di riscaldamento autonomo che si adegui alla L. 10/1991, secondo l’ultimo orientamento giurisprudenziale, la delibera dell’assemblea che dispone la soppressione dello stesso è valida se presa a maggioranza delle quote millesimali qualora, dopo aver manifestato la volontà di modificare l’impianto centralizzato (anche senza approvare il progetto accompagnato dalla relazione tecnica relativa al nuovo impianto autonomo), si sia successivamente proceduto alla fase esecutiva nel rispetto della legge 10/1991, deliberando la trasformazione dell’impianto secondo il medesimo progetto tecnico.

La delibera assembleare deve, altresì, prevedere il tipo di impianto che sarà installato in sostituzione di quello soppresso, non essendo al riguardo sufficiente la sola previsione della installazione ad iniziativa dei condomini degli impianti autonomi; infatti, essendo questa meramente eventuale e non programmata, la delibera si risolverebbe nella soppressione dell’impianto centralizzato senza il consenso unanime dei condomini aventi diritto a fruire di un bene comune. (Cass. Civ. n. 10871/06). In sostanza, o si delibera a maggioranza la trasformazione dell’impianto centralizzato in impianti autonomi, specifici, indicati nella delibera, o si deve deliberare all’unanimità la soppressione dell’impianto centralizzato.