NOMINA, DURATA E REVOCA

La nomina dell’amministratore è obbligatoria, ai sensi dell’art. 1129 c.c., quando i condòmini sono più di otto. L’articolo in questione è inderogabile, come previsto dall’ultimo comma art. 1138 c.c., sicché non sono ammissibili clausole regolamentari o patti sottoscritti all’unanimità dai condòmini, che modifichino i principi voluti dal legislatore.

La nomina dell’amministratore spetta, per volontà del legislatore, all’assemblea in considerazione della particolare importanza e della delicatezza delle funzioni svolte da tale organo.

Venendo ad esaminare il procedimento per la nomina occorre riferirsi anzitutto all’art. 66, secondo co., disp. att. c.c., il quale dispone che in mancanza dell’amministratore l’assemblea può essere convocata da ciascun condomino. L’avviso di convocazione, recante all’ordine del giorno in maniera specifica la nomina dell’amministratore, deve essere comunicato agli aventi diritto almeno cinque giorni prima della data stabilita per l’adunanza (art. 66, disp. att. c.c.).

Ai sensi del disposto dell’art. 67 disp. att. c.c. “L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni”. Pertanto la nomina dell’amministratore, rientrando nell’ordinaria amministrazione, richiede che la convocazione debba essere indirizzata all’usufruttuario del singolo piano o porzione di piano e non al nudo proprietario.

Circa le modalità di svolgimento dell’assemblea non si pongono problemi particolari e come primo atto dovrà procedersi alla nomina del presidente e di un segretario. La maggioranza necessaria per la nomina del nuovo amministratore è costituita da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, secondo co., c.c.).

Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.

Altra questione in tema di nomina dell’amministratore riguarda la sussistenza di particolari formalità da parte dell’assemblea e ciò soprattutto in relazione all’art. 1129, primo co. c.c., già richiamato, a norma del quale “quando i condomini sono più di otto, l’assemblea nomina un amministratore”.

La figura giuridica dell’amministratore è assimilabile a quella del mandatario con rappresentanza, il quale agisce in base ad un preciso conferimento di incarico affidatogli dalla assemblea nella veste di mandante. Ai sensi del disposto dell’art. 71 bis c.c., possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:

a) che hanno il godimento dei diritti civili;

b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;

c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;

d) che non sono interdetti o inabilitati;

e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;

f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;

g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

Non solo la persona fisica, ma anche quella giuridica può essere nominata amministratore del condominio degli edifici, posto che il rapporto di mandato istituito nei confronti delle persone suddette, quanto all’adempimento delle obbligazioni ed alla relativa imputazione della responsabilità, può essere caratterizzato dagli stessi indici di affidabilità, che contrassegnano il mandato conferito ad una persona fisica. Tra l’altro, i disposti correlati dagli artt. 1131 e 1129 c.c. non pongono limiti soggettivi alla nomina dell’amministratore di condominio.

L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata (art. 1129 c.c. comma 10), e non hanno alcun rilievo, per derogare a tale principio, che si verifichino le ipotesi che l’assemblea, in sede di nomina, non abbia determinato la durata, oppure che abbia stabilito una durata superiore.

La “prorogatio” (o proroga dei poteri) si verifica quando l’amministratore, cessato dall’incarico per decorrenza del termine legale o per dimissioni, continua ad esercitare i propri poteri per assicurare la gestione e la rappresentanza del condominio. In questo caso la situazione è provvisoria e si protrae fino a quando l’amministratore cessato non sia sostituito da parte dell’assemblea o del giudice. Durante la gestione interinale l’amministratore deve provvedere all’adempimento delle incombenze e delle attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c., e così a riscuotere i contributi condominiali e ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni, compreso quello di portierato, non potendosi occupare di atti straordinari.

L’amministratore, continuando ad esercitare i suoi poteri, sia pure ad interim, mantiene il suo diritto a ricevere compenso, secondo i criteri stabiliti per il periodo precedente.

La proroga dei poteri non è ravvisabile, quando risulti una volontà dei condòmini, espressa con delibera condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore cessato dall’incarico.

L’amministratore può rinunciare all’incarico prima della scadenza del mandato. Le dimissioni non richiedono giustificazioni, potendo l’amministratore addurre sia ragioni di carattere personale sia ragioni di opportunità, in relazione ad esempio alla continua litigiosità dei condòmini, non consentendono un sereno svolgimento della gestione.

Per consolidata giurisprudenza l’amministratore cessato, e quindi anche quello dimissionario, deve continuare a esercitare le proprie funzioni finché non viene sostituito.

La revoca dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1129 c.c., può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità, come meglio specificato all’art. 1129 c.c..

ATTRIBUZIONI DELL’AMMINISTRATORE

L’amministratore, oltre a quanto previsto dall’articolo 1129 c.c. e dalle vigenti disposizioni di legge, deve, ai sensi dell’art. 1130 c.c.:

1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’articolo 1130-bis c.c. e curare l’osservanza del regolamento di condominio;

2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;

5) eseguire gli adempimenti fiscali;

6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni.

L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili;

7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì annotate: le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell’amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate;

8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio;

9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;

10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

RAPPRESENTANZA DELL’AMMINISTRATORE

Nell’ambito dei poteri, l’art. 1131 c.c. riconosce all’amministratore la rappresentanza sostanziale dei partecipanti al condominio e quella processuale sia nei confronti dei terzi sia nei confronti dei condòmini. La stessa norma dispone che l’amministratore può essere chiamato in giudizio da terzi, per qualsiasi azione concernente le parti comuni.

Da un esame sempre generale delle attribuzioni specificate dall’art. 1130 c.c. si deduce che le funzioni riguardano l’ordinaria amministrazione. Per quanto concerne gli atti di straordinaria amministrazione, in linea di principio, essi non possono essere compiuti dall’amministratore, a meno che non sussista una espressa delega da parte dell’assemblea o non ricorrano i presupposti dell’urgenza, con obbligo in quest’ultimo caso di riferirne all’assemblea.

Il potere di rappresentanza dell’amministratore è contenuto nei limiti delle attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c., ossia si riferisce alle parti e servizi comuni nonché alle controversie riguardanti i beni comuni. Le funzioni di rappresentanza dell’amministratore non riguardano perciò le posizioni soggettive e i correlativi interessi di pertinenza dei singoli condòmini, sicché l’amministratore non può occuparsi della proprietà esclusiva di un condomino e non può essere investito delle relative controversie.

Il sistema che si delinea consiste, pertanto, nel separare le situazioni di carattere condominiale da quelle di carattere individuale del singolo condomino e soltanto in ordine alle prime l’amministratore è legittimato a esercitare le funzioni di rappresentanza.

L’art. 1131 c.c. riconosce all’amministratore la rappresentanza sostanziale del condominio nonché la rappresentanza processuale dei partecipanti al condominio entro i limiti delle attribuzioni connesse all’incarico o dei maggiori poteri conferiti dal regolamento di condominio o dall’assemblea.

Il potere di iniziativa processuale dell’amministratore, si esplica entro i limiti delineati dall’art. 1131 c.c. e si estrinseca nella possibilità di agire e di essere convenuto in giudizio per il condominio.

L’art. 1131, secondo co., c.c. dispone che l’amministratore “può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni e che allo stesso possono essere notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono al medesimo oggetto”.

L’amministratore di un edificio in condominio, anche se cessato dalla carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. o perché dimissionario, continua ad esercitare i suoi poteri, compresa la rappresentanza in giudizio, finché non sia sostituito con la nomina di altro amministratore.

Nell’ambito della rappresentanza processuale, il profilo attivo di essa, si configura nella possibilità di agire in giudizio contro i condomini e i terzi. La legittimazione attiva a favore dell’amministratore è ovvia considerato che essendo lo stesso abilitato a svolgere attività connaturali alla sua funzione, è, altresì, autorizzato ad esercitare le azioni giudiziarie volte all’assolvimento del suo compito.

L’amministratore pertanto, nell’ambito delle sue attribuzioni, può agire in sede giudiziaria senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell’assemblea. Qualora l’oggetto della causa ecceda i limiti delle attribuzioni dell’amministratore, il potere di rappresentanza processuale è escluso, a meno che nel verbale dell’assemblea condominiale non risulti lo specifico mandato a favore dell’amministratore. Anche in questo caso, tuttavia, deve trattarsi di controversie attinenti alle cose o servizi comuni.

Se l’oggetto della lite riguarda diritti od obblighi esclusivi dei singoli condòmini, ugualmente è escluso il potere di rappresentanza processuale dell’Amministratore. I singoli condòmini tuttavia possono conferire mandato espresso all’Amministratore in forma scritta, che può essere contenuto anche in un verbale condominiale sottoscritto individualmente da ciascun mandante.

In quanto legittimato attivamente, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (art. 1131, secondo comma c.c.).

La legittimazione passiva così delineata ha carattere generale, non essendo limitata alle attribuzioni conferite all’amministratore dall’art. 1130 c.c. e abbracciando ogni azione. Tale legittimazione deriva direttamente dalla legge e non ha alcuna rilevanza l’autorizzazione da parte dell’assemblea. Limitazioni alla legittimazione passiva dell’amministratore non possono essere contenute in un regolamento condominiale, anche contrattuale, come quelle che impongono una maggioranza qualificata ai fini dell’adozione di delibera assembleare di autorizzazione, in quanto l’art. 1138, ultimo comma, c.c. prevede che le norme regolamentari non possono derogare alle disposizioni, di cui all’art. 1131 c.c. .

Il limite che la legittimazione passiva dell’amministratore incontra, è costituito dal fatto che la controversia deve riguardare le parti comuni dell’edificio, essendo chiaro che se la lite si riferisce a interessi individuali dei singoli condòmini, la domanda deve essere rivolta nei confronti di questi ultimi.

RESPONSABILITÀ DELL’AMMINISTRATORE

L’amministratore deve adempiere ai propri doveri con precisione, scrupolo ed oculatezza come si richiede all’uomo saggio e prudente; deve pertanto, nell’esercizio delle sue funzioni, quale rappresentante dei condòmini, indirizzare la propria attività alla tutela degli interessi del gruppo, nei cui confronti è responsabile dei danni derivati dalla violazione dei propri doveri.

Il riferimento del legislatore alla diligenza del buon padre di famiglia costituisce un criterio di carattere generale, che deve essere tuttavia accertato nel caso concreto di volta in volta con riferimento alle singole attribuzioni dell’amministratore.

La colpa è esclusa, quando si verifica il caso fortuito o di forza maggiore, assolutamente non prevedibile o evitabile. Del pari non si può parlare di colpa, quando l’amministratore si è comportato usando la normale prudenza e diligenza e ha rispettato le norme di legge e di regolamento.

La colpa dell’amministratore viene valutata con minore rigore ai sensi dell’art. 1710 c.c. nel caso di incarico gratuito, il che viene giustificato con riguardo alla posizione del mandatario, sul quale non sarebbe giusto fare carico di una colpa di entità trascurabile nell’esecuzione di un incarico prestato per amichevole favore. Tuttavia anche in questa ipotesi qualora sia accertata la colpa dell’amministratore, costui deve rispondere dell’intero danno sofferto dal mandante, che sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento.

L’art. 2043 c.c., che costituisce la norma fondamentale nel sistema della responsabilità extracontrattuale, stabilisce inoltre, i requisiti e le condizioni necessarie perché una condotta possa qualificarsi illecita dal punto di vista civilistico. E’ necessaria l’esistenza di un fatto colposo o doloso, non potendosi concepire una responsabilità svincolata da un processo volitivo, se non nei casi espressamente previsti (fattispecie della responsabilità oggettiva).

Occorre poi che la condotta cagioni un danno ingiusto, il cui ambito da recenti indirizzi viene sempre più ampliato con il riconoscimento di nuove figure di diritti soggettivi (diritto alla riservatezza, identità personale ecc.). Altro elemento è costituito dal nesso di causalità tra condotta del soggetto e la lesione del bene.

L’amministratore, oltre che in una responsabilità civile, può incorrere in una responsabilità penale, quando nell’esercizio delle sue funzioni commetta dei reati. Sulle caratteristiche generali della responsabilità penale nell’ambito condominiale, non si rilevano differenze rispetto alla disciplina dettata dal legislatore penale. Le particolarità del soggetto attivo, identificabile nell’amministratore del condominio, non sono tali da far elaborare un diritto speciale condominiale di carattere penale.

In sede giurisprudenziale si è discusso soprattutto dell’avviso di convocazione dell’assemblea del condominio redatto dall’amministratore, il cui contenuto viene pubblicizzato tramite affissione nell’atrio dell’edificio condominiale. In relazione a tale fattispecie è stato deciso che l’avviso, contenente all’ordine del giorno la comunicazione che un condomino era stato denunciato dall’amministratore e quindi indiziato di reità, costituisce comunicazione a più persone e integra il delitto di diffamazione, in quanto anche persone estranee al condominio possono venire a conoscenza, della qualità di indiziato di un condomino.